CITTADINANZA ITALIANA GIUDIZIALE
Avvocato Paolo Spanu - Italia
Italian Judicial Citizenship Lawyer
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Cittadinanza iure sanguinis: riconoscimento in via giudiziale
davanti ad un Tribunale in Italia
L'America Latina (Brasile, Argentina, Uruguay e Venezuela in particolare) e gli Stati Uniti, possono essere considerate una fetta dell'Italia nel mondo. Dalla fine dell'Ottocento, infatti, milioni di italiani si trasferirono all'estero in cerca di lavoro e di una vita dignitosa per sé e per la propria famiglia.
Regioni come il Veneto in particolare, ma tutto il sud Italia, hanno visto i propri giovani trasferirsi nelle verdi praterie americane. Oggi possiamo gioire del cammino intrapreso dai nostri avi che tanto hanno dato al nome dell'Italia e dei loro figli.
Come avvocato, mi sento particolarmente orgoglioso di poter aiutare e sostenere i discendenti dei nostri coraggiosi antenati nell'acquisire e ottenere la nostra ambita cittadinanza italiana!
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Il processo di acquisizione della cittadinanza italiana "iure sanguinis" o per diritto di sangue è regolato direttamente dalla legge n. 91 del 1992, che afferma solennemente all'art. 1:
È cittadino per nascita: figlio di padre o madre cittadini
Queste poche parole sono un grande dono per chiunque abbia ascendenza da un antenato italiano.
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Come si diventa cittadini italiani?
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È molto semplice! L'avvocato Paolo Spanu può assisterti nel processo di riconoscimento giudiziale della cittadinanza italiana davanti a tutti i tribunali italiani, se sei di origine italiana.
La discendenza può avvenire per linea paterna o materna: nel secondo caso l'unico modo per ottenere il riconoscimento è giudiziale davanti a un tribunale italiano.
La cittadinanza italiana in via paterna, è possibile richiederla presso il Consolato italiano nel Paese di origine (ad esempio, il Consolato di San Paolo in Brasile o il Consolato di Buenos Aires in Argentina, i Consolati negli Stati Uniti).
Tuttavia, a causa del ritardo nel completamento della procedura amministrativa (prevista dalla legge in due anni), ritardo che può arrivare a 12 anni (come purtroppo sa chi fa la richiesta al Consolato di San Paolo o Rio de Janeiro) seguire questa via non è assolutamente conveniente.
Inoltre, di recente si è aggiunto un nuovo ostacolo, ovvero la richiesta di iscrizione alle liste di attesa dei cittadini nel sistema prenot@mi del Ministero degli Affari Esteri italiano.
Si tratta infatti di un sistema molto aleatorio, dove è davvero difficile ottenere una prenotazione, tanto che già si parla molto di una vera e propria "lotteria della cittadinanza", una pozzanghera piena di trappole dove sono apparse addirittura agenzie che promettoni il successo nella prenotazione dopo aver pagato ingenti somme di denaro.
Tutto questo può essere superato attraverso un procedimento legale davanti a un tribunale italiano.
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L'avvocato Paolo Spanu vanta numerose sentenze che hanno riconosciuto il diritto dei discendenti degli italiani sia maternamente che paternamente: nel nostro Studio troverete elevata professionalità e specializzazione nel settore, attraverso un percorso trasparente in termini di tempistiche e costi da sostenere.
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Cittadinanza italiana via giudiziale contro la fila del consolato
La via giudiziale anche per il riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis nella linea di discendenza paterna è stata più volte riconosciuta dai Tribunale Italiani sia sotto il profilo del diritto perfetto che sotto il profilo dell'interesse ad agire.
Infatti, “conformemente al prevalente orientamento giurisprudenziale tra cui Cass. n. 28873/2008, la previsione di un apposito procedimento amministrativo disciplinato dal DPR n. 572/1993 non preclude la tutela davanti al giudice ordinario, essendo facoltà dell'interessato richiedere una certificazione dell'autorità amministrativa, ovvero una pronuncia del Giudice Ordinario, che accerti il proprio status di cittadino, in quanto, la legge n. 91/92 sulla cittadinanza, del quale il citato d.p.r. è attuativo, non impone affatto all'interessato una preventiva richiesta alla competente autorità consolare al fine del riconoscimento della condizione di cittadino." (Tribunale di Roma, sez. I n. 14108 del 9/06/2017, Presidente Franca MANGANO, Giudice Luciana SANGIOVANNI, Giudice relatore, Damiana COLLA).
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Peraltro, le conclamate e costanti lunghissime attese dei richiedenti nelle file di prenotazione davanti ai Consolati italiani in Brasile, (si sottolinea, peraltro, che si tratta di semplici prenotazioni al fine di depositare la documentazione attestante la discendenza da antenato italiano) giustificano anche sotto il profilo dell’interesse ad agire l’azione di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis davanti al Tribunale Civile.
In effetti, per il Consolato di San Paolo, si registra un ritardo “nella gestione di dette pratiche di circa 12 anni” e, per questo motivo, “si può affermare che simili coordinate temporali si sostanzino in un diniego di riconoscimento del diritto vantato dai richiedenti, giustificando così il loro accesso alla via giurisdizionale” (ex plurimis ord. Trib. Roma del 05/07/2019 – dott.ssa Lilla de Nuccio, N. R. 30636/2018; conformi: ord. Trib. Roma dott. Eugenio Gatta N.R.G. 7244/2019; ord. Trib. Di Roma, dott. Adele Pezone N.R.G. 78238/2018; ord. Trib. Roma, dott. Roberto Valentino N.R.G. 60206/2017).
Insomma, la prova delle “lunghissime attese relative alle richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana presso la rappresentanza diplomatica competente, da cui consegue la impossibilità di poter evadere in tempi certi e brevi le richieste di riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis” ha come conseguenza “un’assoluta incertezza in ordine alla definizione da parte dell’Autorità consolare della richiesta presentata da parte ricorrente, che si sostanzia di fatto in un diniego di riconoscimento del diritto vantato dai richiedenti che hanno, pertanto optato per la via giurisdizionale”. (ex plurimis Tribunale di Roma, N. R.G. 2270/2021 del 25/05/2022 – Giudice dott.ssa Elena Maiorano)
Cittadinanza italiana via giudiziale
linea Materna
La discendenza in linea Materna, ovvero nell'ipotesi di un figlio nato da una donna italiana sposata con uno straniero prima del 1948, anno di proclamazione della Costituzione Italiana, obbliga alla via giudiziale.
Sul punto si rileva che, durante la vigenza del codice civile del 1865, la figlia di padre cittadino ai sensi della legge n. 555 del 1912 vedeva negato il diritto di trasmettere iure sanguinis la cittadinanza ai propri figli ed ai propri discendenti. Tuttavia, “la Corte Costituzionale, con sentenza n. 30 del 1983 aveva dichiarato l’illegittimità dell’articolo 1 n. 1 della legge n.555 del 1912 nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il figlio di madre cittadina; [e] la Corte di Cassazione, con pronuncia a Sezioni Unite n. 4466 del 25 febbraio 2009, ha riconosciuto che, anche per le situazioni preesistenti all’entrata in vigore della Costituzione, deve ritenersi che il diritto di cittadinanza sia uno status permanente ed imprescrittibile, giustiziabile in ogni tempo se la sua illegittima privazione perdura anche dopo l’entrata in vigore della Costituzione a causa di una norma discriminatoria dichiarata incostituzionale.
Per effetto della sentenza della Corte Costituzionale n. 30 del 1983, che ha dichiarato la illegittimità costituzionale dell'art. 1, n. 1, della legge n. 555 del 1912, nella parte in cui non prevedeva che fosse cittadino per nascita anche il figlio da madre cittadina, si deve ritenere che abbiano regolarmente acquisito dalla nascita la cittadinanza italiana anche i discendenti.
Ciò anche in considerazione della sentenza della Corte Costituzionale n. 87 del 1975, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 10, comma terzo, della legge 13 giugno 1912, n. 555 (Disposizioni sulla cittadinanza italiana), nella parte in cui prevedeva la perdita della cittadinanza italiana indipendentemente dalla volontà della donna che si sposava con cittadino straniero.
La Corte ha ritenuto che la norma violava palesemente anche l'art. 29 della Costituzione, in quanto comminava una gravissima disuguaglianza morale, giuridica e politica dei coniugi e poneva la donna in uno stato di evidente inferiorità, privandola automaticamente, per il solo fatto del matrimonio, dei diritti del cittadino italiano.
Analogamente, nell’ipotesi in cui il marito cittadino italiano avesse perso tale cittadinanza, per averne acquisita una straniera, la moglie ha conservato la cittadinanza italiana (la fattispecie era stata fino allora disciplinata dal 1° comma dell’art. 11 della legge 555/1912, che sanciva la perdita della cittadinanza per la donna).
Infatti, “la titolarità della cittadinanza italiana va riconosciuta in sede giudiziaria, indipendentemente dalla dichiarazione resa dall'interessata ai sensi della L. n. 151 del 1975, art. 219, alla donna che l'ha perduta per essere coniugata con cittadino straniero anteriormente al 1 gennaio 1948, in quanto la perdita senza la volontà della titolare della cittadinanza è effetto perdurante, dopo la data indicata, della norma incostituzionale, effetto che contrasta con il principio della parità dei sessi e della eguaglianza giuridica e morale dei coniugi (artt. 3 e 29 Cost.).
Per lo stesso principio, riacquista la cittadinanza italiana dal 1 gennaio 1948, anche il figlio di donna nella situazione descritta, nato prima di tale data e nel vigore della L. n. 555 del 1912, determinando il rapporto di filiazione, dopo l'entrata in vigore della Costituzione, la trasmissione a lui dello stato di cittadino, che gli sarebbe spettato di diritto senza la legge discriminatoria” (Cass. SSUU Sentenza n. 4466 del 2009).
Dunque, lo stato di cittadinanza deve essere riconosciuto in via giudiziaria (e anche a prescindere da una esplicita dichiarazione di volontà resa dal soggetto interessato), anche al figlio legittimo di madre cittadina nato prima dell’entrata in vigore della Costituzione, attesi i caratteri di assolutezza, originarietà, indisponibilità ed imprescrittibilità dello status civitatis, in quanto qualità della persona, rispetto alla quale non può applicarsi la categoria delle ‘situazioni esaurite’, come tali insensibili all’efficacia naturalmente retroattiva delle pronunce di incostituzionalità, se non quando essa sia stata oggetto di un accertamento contenuto in una sentenza passata in giudicato.
Gli effetti prodotti da una legge ingiusta e discriminante nei rapporti di filiazione e coniugio e sullo stato di cittadinanza, che perdurino nel tempo, non possono che venire meno, anche in caso di morte di taluno degli ascendenti, con la cessazione di efficacia di tale legge, che decorre, dal 1 gennaio 1948, data dalla quale la cittadinanza deve ritenersi automaticamente recuperata per coloro che l'hanno perduta o non l'hanno acquistata a causa di una norma ingiusta, ove non vi sia stata una espressa rinuncia allo stato degli aventi diritto.
Le norme precostituzionali riconosciute illegittime per effetto di sentenze del giudice della legge sono inapplicabili e non hanno più effetto dal 1 gennaio 1948 sui rapporti su cui ancora incidono, se permanga la discriminazione delle persone per il loro sesso o la preminenza del marito nei rapporti familiari, sempre che vi sia una persona sulla quale determinano ancora conseguenze ingiuste, ma giustiziabili, cioè tutelabili in sede giurisdizionale.” (ex plurimis Tribunale di Roma, N. R.G. 58263/2020 del 27/09/2022, dott.ssa Lucia Faraglia).